E invece a me una diciannovenne che dice che avrebbe preferito vivere nel 1942 mi piace e mi sembra pure intelligente.

 

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 Anch’io lo preferirei. Pensate: un anno solo e vedrei cadere il regime; due anni e la sconfitta dei fascismi diventerebbe totale; tre anni e potrei partecipare alla gioia della Liberazione; poi gli anni esaltanti del dopoguerra, con quelle immense speranze, che lentamente crollarono, lo sappiamo oggi ma non lo avrei saputo allora. E che comunque lasciarono il segno in una generazione migliore di quelle che sono seguite, inclusa la mia. Nel 1942 diciannove anni li aveva Italo Calvino, Pasolini ne aveva venti, Sciascia ventuno, Fellini ventidue: Alice Sabatini sarebbe stata loro coetanea, magari li avrebbe conosciuti. Certo, si era più poveri e si correva qualche pericolo in più, ma neppure troppi per un’italiana o un italiano. E poi davvero pensate che chi ha oggi intorno ai vent’anni non dovrà rischiare nulla, non dovrà lottare e soffrire, nei prossimi decenni, se vorrà salvare il pianeta e la civiltà dalla catastrofe? O che la aspetti una vita tanto felice se la deriva liberista continuerà indisturbata, con il suo vuoto pneumatico di valori, il suo culto del successo a tutti i costi, un ambiente sociale e naturale sempre più degradato, personaggi come Renzi al potere?

Brava Alice, quasi la perdono per essersi prestata a una pagliacciata come il concorso per Miss Italia. Temo che la maggior parte delle sue coetanee – in America di sicuro e forse anche in Italia – manco riesca a concettualizzarlo il 1942, appiattite come sono sul presente, sull’attualità più superficiale, sulle mode e i consumi. Come avrebbe detto il nostro primo ministro, manco c’erano l’iPhone e Twitter, pensate che noia: un’epoca inutile, da rottamare, anzi da ignorare. Forse c’è speranza se una ragazza di oggi, e proprio una che spera di diventare una celebrity e che ha scelto di fare fortuna con il suo corpo, come il liberismo prescrive, si dimostra curiosa del passato e rimpiange, sia pure ingenuamente, un tempo di dolore e difficoltà ma in cui si sapeva sognare un futuro migliore per tutti, non individualisticamente, e si combatteva per raggiungerlo.

Francesco Erspamer

 Newton (Massachusetts)

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