La festa dei lavoratori torni ad essere esperienza di azione gioiosa per un futuro solidale

maggio

Il primo maggio è oggi più necessario perché il neocapitalismo è in grado, come nessun regime prima, di indurre rassegnazione, ignoranza e individualismo a livello globale. Il primo maggio per tornare all’ottimismo della volontà di Gramsci, all’azione nella solidarietà che non dà solo forza, ma soprattutto piacere

Il primo maggio non è una ricorrenza: il primo maggio è, e deve tornare a essere, un’esperienza. Non una vacanza dalla vita ordinaria ma una festa della vita ordinaria, nella quale si scopre di non essere soli, nella quale ci si sente parte di una comunità e di un movimento, nella quale ci si diverte a stare insieme e progettare un futuro migliore per tutti.

Il primo maggio è oggi più necessario che in qualsiasi altra epoca precedente: perché il neocapitalismo è in grado, come nessun regime della storia passata, di indurre rassegnazione, ignoranza e individualismo a livello globale. Il consumismo e le nuove tecnologie sono i suoi strumenti, distolti da altre possibili finalità per assolvere un unico scopo: la frammentazione dei popoli e la loro omogeneizzazione, la dissoluzione degli Stati e delle comunità, ad assicurare il dominio incontrastato di poche multinazionali e di un pugno di plutocrati che ormai si credono dèi.

Vi siete sorpresi nello scoprire che le aspettative di vita della classe mediastanno diminuendo in Occidente e anche in Italia, malgrado l’assenza di guerre e i progressi della medicina mentre la longevità dei ricchi continua a crescere? Vi siete stupiti a leggere che una sessantina di miliardari possiede più ricchezze dei tre miliardi di persone alle quali le hanno rubate e che l’1% scarso della popolazione mondiale guadagna quanto il restante 99%? Non avete il diritto di stupirvi. Questa progressione verso l’estrema ineguaglianza e la sopraffazione più brutale l’avete autorizzata voi. Davvero credevate che la rinuncia a vigilare, impegnarvi o almeno votare per avere servizi decenti e politici meno corrotti avrebbe magicamente risolto i problemi? Che sarebbe bastato il qualunquismo dell’antipolitica e della facile rivolta contro lo Stato, sponsorizzata dalle multinazionali? Che a privatizzare e deregolamentare tutto, a smantellare il settore pubblico, il welfare, i sindacati e la democrazia, sareste stati voi a guadagnarci? Che l’ignoranza, l’indifferenza, la superficialità paghino? Che barattare diritti e morale per un iPhone, fosse pure nella versione big, aumenti la qualità e la lunghezza della vita, della vostra vita?

felicità

Le grandi conquiste sociali e politiche degli scorsi due secoli furono ottenute da gente che non era affatto sicura di poter beneficiare personalmente delle proprie lotte: e lottava lo stesso per costruire un mondo più giusto per le generazioni successive. Lottava perché il successo non era la sua unica motivazione: c’erano anche dei valori, dei princìpi, c’era un’etica e c’era una cultura e con esse un senso di appartenenza e il piacere della solidarietà. Voi, molti di voi, ai vostri figli lascerete solo macerie, insicurezza, paura; e il vostro immenso individualismo si tradurrà in solitudine e paranoie.

Che fare? Tanti sono ormai perduti, rassegnati a un destino di miseria e in fondo contenti di non dover scegliere, decidere, assumersi responsabilità. Peggio: la loro rabbia e le loro frustrazioni le hanno distolte da chi li sfrutta e li opprime e le hanno indirizzate contro ciò che rischierebbe di scuoterli dalla loro apatia. Sono degli schiavi ma accendere uno schermo li fa sentire dei vincenti: e amano quella menzogna e non la vogliono abbandonare. Si drogano di banalità per non dover pensare.

Così è sempre stato: i cambiamenti e le rivoluzioni non li fanno le maggioranze. Li fanno minoranze decise, capaci di immaginare un futuro diverso e di organizzarsi per raggiungerlo o almeno tentare. Consapevoli che la ragione è sempre pessimista e che deve esserlo: perché non viviamo affatto nel migliore dei mondi possibili e perché le alternative sembrano sempre irrealizzabili, prima di provarci. Ma consapevoli anche (scriveva  Gramsci, in carcere e malato, negli anni cupi in cui il fascismo trionfava in tutta Europa), che per uscire dall’impasse non c’è bisogno di attendere i risultati (che comunque, a limitarsi ad attenderli, non verrebbero mai): basta l’azione. È l’azione che fa riemergere la gioia pienamente umana di progettare, fare cose insieme, creare qualcosa che vada al di là dell’immediato e del particolare, qualcosa che ci trascenda e ci comprenda.

A questo serve il primo maggio: a ricordarci della solidarietà e a farci sentire che la solidarietà non dà solo forza ma anche e soprattutto piacere. Contro la noia e la disperazione a cui il sistema vorrebbe abituarci per consentire a pochissimi stronzi di prendersi tutto, è assolutamente necessario (ma anche sufficiente) tornare all’ottimismo della volontà, alla pratica sociale della partecipazione, alla politica come ricerca della felicità ma soprattutto come esperienza di felicità.

erspamer

di Francesco Erspamer

 

Fonte: http://www.lavocedinewyork.com/news/politica/2016/05/01/primo-maggio-manifesto-felicita/

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