Etnofauna calabrese. VACCA

 

Famiglia: Bovidi

Nome scientifico: Bos taurus

Nome dialettale: Vacca, tauru (toro), jienca (manzetta), vitiallu, vitiddo (vitello), vui, voi (bue)

L’allevamento della vacca nell’economia calabra ha avuto sin dai tempi antichi una notevole importanza. È proprio in Calabria che si trova una delle prime testimonianze preistoriche della presenza di bovini: si tratta di un’incisione rupestre del Bos primigenius (uro probabilmente) ritrovata nella grotta del Romito a Papasidero (Cs), risalente al 10.000-11.000 a.C.

Si ricorda, inoltre, che il toro era impresso anche sulla moneta dell’antica Sibari.

Una curiosità degna di nota (e, in qualche modo, collegata alla vacca) è che, secondo alcuni studiosi, il nome Italia ha origine proprio dall’antica Calabria, ed in particolare dalla parte meridionale della regione. Esistono a tal proposito due diverse teorie: con molta probabilità Italia deriverebbe dagli Itali, anticamente chiamati Vituli, ovvero popolo che adorava il vitello; secondo altri, invece, deriverebbe da vite, che diede origine dapprima a Vitalia (terra della vite) e più tardi al nome Italia. Questa seconda ipotesi non è da trascurare: il nome della parte settentrionale della regione, infatti, era Enotria (terra del vino), dagli Enotri, popolo strettamente imparentato e simile agli Itali.

La razza bovina locale è la Podolica calabrese, una razza a triplice attitudine, impiegata sia per il lavoro che per il consumo alimentare di latte e carne. Il mantello va dal grigio chiaro al grigio scuro, quest’ultima tonalità tipica soprattutto nei maschi. La resa al macello non è molto elevata, ma è così rustica da dare una discreta produzione di carne e di latte anche se allevata in terreni marginali e difficili.

Si ritiene che questa razza provenga dalla Manciuria, portata dai mongoli nell’Europa dell’est e successivamente dai popoli goti in Italia; ciò spiegherebbe la somiglianza  stretta con le razze ungheresi. La Podolica è una delle cinque razze appartenenti al gruppo delle razze giganti bianche italiane (Podolica, Maremmana, Romagnola, Marchigiana e Chianina) e come in altre parti d’Italia ogni anno in estate compie la transumanza percorrendo vecchi tratturi.

La carne è di qualità eccellente, per una marezzatura particolarmente equilibrata. Dal latte, molto pregiato ma con produzioni unitarie per capo quantitativamente non elevate, si ottengono i tipici formaggi a pasta filata (caciocavallo, fior di latte, provola, butirro, scamorza, che secondo alcuni ebbero origine nella Sila Grande), ma anche il classico formaggio vaccino (diffuso in tutta la penisola), il rascu (un formaggio fresco e tenero, a buon tenore di grasso) e la ricotta vaccina. La lavorazione del formaggio avveniva tipicamente in recipienti che erano un tutt’uno con la fornace, ancora oggi conosciuti con il nome di caccavo o caccamo (dal greco cacabos}.

Nel mondo rurale ha rivestito grande importanza il bue (voi, vui], utilizzato per trainare l’aratro e il carro o smacchiare i pesanti tronchi dal bosco. Il contadino che lo conduceva era chiamato voarue (o gualano) il verso con cui guidava le mandrie era votarre, un termine di chiara origine greca.

Vale la pena ricordare che il bue non era impiegato solo a scopo alimentare; con il tendine di Achille, infatti, si realizzavano i cosiddetti niarvi(nervi), mentre le corna diventavano oggetto scaramantico contro il malocchio, detto in gergo locale affascina o occhiatura.

Nella strenna, canto natalizio tipico dei paesi della presila catanzarese e dell’intera Calabria, troviamo una strofa che dice: «Ca io ce vinni annu de si tiampi e pè strina me dunastinu dui jianchi» {= lo venni lo scorso anno di questi tempi e per la strenna mi donasti due giovenche).

Degno di nota è l’utilizzo, nella medicina popolare, dell’urina di vacca, impiegata per fare sciacqui utili in caso di mal di denti e afte.

Proverbi e modi di dire

– Gioventù ‘e tauru e vecchiaia ‘e voi (= gioventù da toro e vecchiaia da bue).

– U vui chiama cornuto allu ciucciu  (= il bue dice cornuto all’asino).

Duname ‘e mangiare e jettame alli voi (= dammi da mangiare e poi di me fai quello che vuoi).

Marzu gela ‘Ile corna do vitellazzu (= marzo gela le corna del vitellone, nel senso che durante il mese di marzo il freddo può essere ancora più che negli altri mesi invernali).

– L’omu da parola e u voi di corna (= l’uomo sì riconosce dalla parola e il bue dalle corna).

Vacche ppe bellizza e pìacure ppe ricchezza (= vacche per bellezza e pecore per ricchezza, nel senso che allevare pecore rende più ricchi che allevare vacche).

– Zappatu ‘e fimmina e aràtu ‘e vacca: amara chilla terra chi ‘nce ‘ncappa (= povera quella terra che viene zappata dalla donna e arata dalla vacca).

 

Da ETNOFAUNA IN CALABRIA, di A. Lupia, C. Lupia, R. Lupia –  Rubbettino

Foto RETE

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